05 novembre 2005

Short Story


Le attuali vesti dell’house hanno iniziato ad essere cucite negli anni ’80 ed il termine deriva dal Warhouse, un club di Chicago, dove il dj resident, un certo Frankie Knuckles (chissà perché è chiamato The godfather of house music…), mixava e re-editava i più famosi classici della disco ’80. Il club avendo una propria opinione riguardo gusti ed esigenze musicali, definì la propria selezione sonora “musica della casa”, house music appunto. Il fautore dell’house moderna è considerato
Giorgio Moroder che unì la disco all’elettronica grazie all’avvento dei mixer e delle drum machine – già all’epoca il pregio di una canzone dipendeva dalla bravura del dj - …una canzone? “I feel love” di Donna Summer. Sempre a Chicago troviamo i primi nomi importanti: Ron Hardy, dj del Music Box, Jamie Principle, dj Pierre che influenzò l’acid house, le etichette discografiche Dj International Records e Trax Records ed infine anche le prime canzoni “Music is the key” di Steve Hurley, “Move your body” di Marshall Jefferson o “Jack the bass” di Farley Jackmaster Funk; a New York basta citare Larry Levan e la discoteca Paradise Garage. Se, come avrete sicuramente capito, gli USA sono il luogo di nascita spirituale dell’house, l’Inghilterra lo è di quella commerciale. Con il tour della Dj International i talenti di numerosi artisti dance inglesi che bivaccavano nell’underground londinese e di Manchester vennero alla luce, come quello di T-coy. Agl’inizi, gli inglesi dovettero organizzarsi con radio pirata, ma ben presto i dj americani iniziarono ad essere ascoltati nei grandi club come il Ministry of Sound o lo Shoom; così personaggi del calibro di Danny Rampling e Paul Oakenfold vennero prelevati dal Regno Unito e portati ad Ibiza dove fecero il successo del famoso club Amnesia ed importarono il sound acquisito nel loro paese. L’Inghilterra influenzata dal fenomeno dei raves e della musica tecno diede la paternità al garage, al drum’n’bass, al jungle e all’ambient house, così dopo il passaggio della Summer of Love, negli anni ’90 quelli che erano nati come progetti underground si trasformarono in fama e successo: dai club come il Lakota o il Cream, ai dj, alle produzioni musicali, tutto ciò che era nascosto venne a galla. Alcuni degli artisti americani in seguito tornarono nella loro madre patria, dove Todd Terry aveva unito hip-hop e gospel all'house e dove l’house era diventata una vera, propria e nota industria: dj producer come David Morales, Armand van Helden Masters at Work e Junior Vasquez e molti altri remixano brani di artisti pop, da Madonna, U2, Mariah Carey, a P.Diddy, Britney Spears, Elvis Presley, Jamiroquai e chi ne ha più ne metta. Questo rese più conosciuto il genere house che da musica underground divenne un fenomeno di massa le cui esigenze portarono alla nascita di grandi e famosissimi club ed etichette discografiche. Oggi gli stili dell’house music percorrono varie strade che sono intraprese dalle idee dei ” super” club, dei dj, delle labels più potenti: basti pensare alle serate che vengono organizzate in tour (ad esempio Fuck me I' m famous), a dj come Joey Negro che si propongono di selezionare la musica più bella del mondo o ad etichette che sfornano cd annuali con le loro produzioni.